Quando da ragazzino pensavo ad un direttore d'albergo, lo immaginavo come una sorta di maggiordomo di una certa età; frequentando poi l’Istituto alberghiero, questa figura la facevo coincidere con quella della mia Preside: seria, quasi da far paura! Entrato nel mondo del lavoro, per la prima volta ne ho incontrato uno vero: me lo ricordo anziano, che mangiava da solo sul bancone metallico della cucina, nella pâtisserie.

 

Col passare degli anni, avendo avuto la fortuna e l’opportunità di lavorare nei vari reparti dell’hotel (esperienza, a mio avviso, necessaria per ambire a diventare un buon direttore), ho conosciuto più da vicino questa figura professionale ed inizialmente ho faticato a comprenderne le caratteristiche, ma con il tempo ho capito che il direttore d’hotel ha un profilo piuttosto composito; egli, infatti, deve riuscire a padroneggiare svariati ambiti: da quello amministrativo, a quello commerciale ed organizzativo, passando in modo trasversale a quello psicologico, a quello che cura le pubbliche relazioni ed il versante politico, a quello impiantistico e gestionale e così via.

Tale bagaglio di conoscenze e competenze deve essere orientato a due unici obiettivi:

- avere i numeri in attivo (per numeri intendo espressamente il fatturato e le percentuali di occupazione);

- avere uno staff motivato che ti supporta per accogliere e gestire l’ospite affinché  diventi un “cliente abituale”.

 

Questo è il concentrato dell’ospitalità italiana a cui mi ispiro: un giusto compromesso tra attitudine, mestiere e passione.

“L’ospitalità italiana è il giusto compromesso tra attitudine, mestiere e passione.”

Roberto Cinquegrani
Hotel Manager